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INTERVISTA A PAOLO BARATELLA

Paolo Baratella è un giovane cuoco di Lastra a Signa, che ha vinto un prestigioso premio internazionale; siamo andati ad intervistarlo all’agriturismo sulle colline lastrigiane dove lavora.


Paolo, come sei arrivato a diventare chef?

Tutto ha inizio quando ero alle medie, perché i miei genitori, spesso mi chiedevano di preparare la cena in modo da trovare pronto al loro rientro dal lavoro, mi piaceva fare queste cenette e così dopo le medie mi sono iscritto all’Ist. A. Saffi di Firenze, con indirizzo per cuoco. Nel corso degli studi ho fatto diversi stages in Italia, in Bretagna e Malta.

Quando e come è avvenuta la tua conversione alla cucina vegana?

L’esperienza come cuoco inizia nel dicembre del 2014, quando ho deciso di andare a Londra, fermamente determinato a lavorare come cuoco. Per fortuna sono entrato a lavorare nella catena alberghiera Hilton, dove ho lavorato due anni, facendo una buona esperienza del lavoro di cucina. Lì ho conosciuto una persona che mi ha parlato della cucina vegana ed io, forse anche per la mia sensibilità sui problemi ambientali e animalisti, ho iniziato ad approfondire questo tema. Dopo la teoria sono passato alla pratica e per due anni ho seguito una dieta vegetariana e provando senza successo, a proporre alcuni piatti vegani. Ho deciso allora di lasciare andando a lavorare in un ristorante vegano italiano sempre a Londra. Da quel momento il mio orizzonte professionale è cambiato, avendo la possibilità di proporre ed avere appezzamenti con alcuni miei piatti.

Tradizione e legami con il nostro territorio riesci a conciliarli con questa particolare cucina?

Con questo vissuto, in Italia, ho cercato di proporre piatti vegani, realizzando anche i piatti della tradizione, perché nell’agriturismo di mia cognata, i turisti si aspettano di mangiare i classici piatti toscani. A venticinque anni, sono contento di quanto ho fatto e delle soddisfazioni professionali che ho ricevuto, tra le quali il premio è la più prestigiosa ma ho voglia di approfondire ancora questa cucina che è rivolta al futuro, cucina che non va imposta ma fatta comprendere ed accettare anche per i suoi risvolti ambientalisti.

Dicci come è nato il piatto che ha vinto lo “Chefs Bench 2020”.

Il piatto che ha vinto, è stato progettato rielaborando un piatto “bocciato” a Londra e questa vittoria è per me una doppia soddisfazione. Come molti piatti vegani sembra complicato, invece è facile da realizzare e la ricetta, per i curiosi, si trova su Internet.

Per concludere dacci delle dritte per un dolce vegano.

Potete fare un dolce frullando frutta secca (mandorle, nocciole, anacardi) usando come collante sciroppo o datteri e questo per la base; per la farcia una mousse frullando anacardi (tenuti a bagno 10 ore) con mirtilli e fragole. La cucina vegana non è come molti pensano povera e monotona, ma è una realtà da scoprire e sperimentare, legata alla tradizione contadina e che presenta una infinità varietà di combinazioni, che soddisfano il palato e non sfruttano gli animali. Infine desidero ringraziare il Prof. A. Cristofori,Presidente dell’Associazione EnoGastronomica Italian Dining Summit [IDS] che gli ha permesso di entrare a far parte di un mondo di professionisti di alto livello.